LA STORIA DELLA NASCITA DELLA BORDEAUX VITICOLA
La città di Bordeaux deve la sua fama essenzialmente agli inglesi. Il porto già costruito dai romani ha avuto la sua origine per esportare il vino verso l’Inghilterra e gli altri paesi del nord. Da ottimi commercianti i bordolesi avevano piantato vigneti anche intorno la città, inizialmente nella zona chiamate delle Graves. Dopo il dominio di diversi popoli barbari, Bordeaux, fu conquistata dall’Inghilterra che ne fece il porto da dove partivano le navi cariche di vini, provenienti dalle zone di Galliac e dalla regione del Poitou, destinati al consumo inglese. Durante la susseguente guerra dei 100 anni tra Inghilterra e Francia il mercato del vino subì una limitazione, le navi inglesi si radunavano due volte l’anno, in ottobre e in febbraio per caricare il nuovo vino e percorrere il tragitto di ritorno senza la preoccupazione di venire attaccate. La guerra dei cent’anni finì con la conquista da parte dell’Inghilterra del nord della Francia, oltre che la Guascogna e Bordeaux. Bisogna attendere la seconda metà del 1400 perchè la città di Bordeaux ritorni sotto il dominio francese, ma proprio dopo la riconquista sorsero i problemi. Bordeaux godeva dei benefici particolari ancora stabiliti dagli inglesi nel settecento. Il vino prodotto a Bordeaux aveva la priorità su tutti i vini che arrivavano dalle numerose zone che rifornivano la città. Le botti con le quali veniva trasportato il vino avevano forme diverse dalle bordolesi ed erano più deboli, meno adatte al trasporto. Il nuovo governo francese abolì questi privilegi e vietò l’utilizzo del porto alle navi inglesi. Ma dopo un anno, per evitare incidenti, dovette ripristinare gli antichi benefici e permettere agli inglesi di frequentare il porto francese. Nonostante ciò l’esportazione del vino fu fortemente penalizzata e il commercio non raggiunse più i livelli passati. Il mare Mediterraneo è stato, per diversi secoli, il fulcro della cultura, solcato in lungo e in largo da precarie imbarcazioni che trasportavano uomini, animali e cose, ma soprattutto, idee, modi di vita, informazioni e conoscenze. Questo traffico era destinato a diffondere non solo usi e costumi dei popoli più progrediti, ma anche uno dei beni più preziosi a quel tempo: il vino. Uno dei popoli che ha contribuito maggiormente alla diffusione e alla conoscenza del vino e della coltura della vite e di tutti i risvolti religiosi ad esso legati è stato i Greci. Navigando nel Mediterraneo approdarono in diversi luoghi dove diedero vita a grosse città; sulla costa francese fondarono la città di Marsiglia, in Sicilia Siracusa ed altri antichi insediamenti. A questi nuovi centri trasferirono la loro conoscenza e soprattutto l’arte di fare il vino. In seguito i Romani fecero loro il culto e le tecniche del vino, tanto da diffondere ed esportare l’uso di questa bevanda in tutto il loro Impero. L’esercito era sempre seguito da una scia di mercanti che scambiavano con i soldati il bottino di guerra con la merce più richiesta: il vino. Ma anche le popolazioni soggiogate impararono presto ad apprezzare questa bevanda tanto che le richieste di vino dalla Germania e dall’Inghilterra crebbero di molto. Ma le vie per quei lontani mercati non erano molto agevoli e soprattutto il trasporto faceva aumentare il prezzo e i rischi di brutti incontri. Il vino che proveniva dal Mediterraneo faceva capo a Narbonne, da lì veniva smistato per strade diverse. Verso la Britannia attraversando la pianura, superando le Cevennes verso Tolosa e la Garonna per arrivare al porto di Bordeaux, e verso la Germania o risalendo il fiume Rodano per tutta la sua percorribilità fino in Svizzera per, dopo un difficile percorso fra le fredde valli elvetiche ricongiungersi con il Reno, o invece risalire l’affluente del Rodano la Saona per, dopo un estenuante cammino, discendere la Mosella. A conseguenza di questo enorme traffico sul fiume Rodano fu fondata, alla confluenza con la Saona, la città di Lione che diventò ben presto il secondo porto di vino nel mondo, dopo la stessa Roma. Ma questi lunghi e pericolosi percorsi diedero origine alla viticoltura francese. Perché sobbarcarsi il lungo viaggio dalla costa con i carri? E perché utilizzare, per il trasporto le fragili e poco pratiche anfore romane? La risposta alla prima domanda non tardò ad arrivare. Le popolazioni del sud della Francia constatarono che il loro clima si adattava molto bene alla coltivazione della vite, e quando il grande proconsole Domizio Enobarbo permise ai suoi soldati di piantare dei vigneti sulle colline adiacenti a Narbonne, cominciò ad essere commerciato il nuovo vino francese. Questa esperienza non si limitò soltanto al territorio di Narbonne ma fu estesa sulle colline di Galliac dove la coltivazione della vite rispose così bene che incoraggiò insediamenti più a nord fino alla stessa Bordeaux. Ma sulla ghiaia avara e famelica di Bordeaux fu molto difficile persuadere le prime viti ad attecchire, in ogni modo con un lavoro alquanto duro e faticoso anche il rinomato porto francese ebbe le sue prime vigne. Alcuni vitigni come l’apiana e la nomentana, erano particolarmente adatte a sopportare le gelate e i climi freddi, caratteristici di quelle regioni, ma il vitigno di maggiore diffusione fu conosciuto col nome di carbonica, vite del carbone, e sembra venisse impiantata in tutta la provincia narbonense ai tempi in cui scriveva Plinio. Questa vite, si narrava, che fioriva in un solo giorno e che perciò era protetta contro tutti i tipi di incidenti, e perciò si diffuse in tutta la Francia meridionale e soprattutto nella provincia narbonense. Sempre Plinio, diversamente da molti suoi predecessori, descrive i cambiamenti che si stavano verificando nella distribuzione della viticoltura. Non solo a proposito dei nuovi tipi di vite impiantati nella provincia narbonense, ma anche, per esempio, a proposito dei vigneti spagnoli che, spiega, a quel tempo erano molto produttivi. Lamenta poi il peggioramento del Falerno, che attribuisce alla tendenza crescente da parte dei produttori a preoccuparsi più della quantità che della qualità. Per esempio ci dice che a Vienne, a sud di Lione, in Francia, era stato scoperto un nuovo tipo di vite che veniva impiantato su larga scala nelle zone limitrofe perché dava al vino il sapore della pece; annota poi che nelle Alpi i vini, piuttosto che nelle anfore, venivano conservati nelle botti di legno, che venivano riscaldate durante gli inverni freddi. Si tratta di una serie di osservazioni che indicano l'espansione della viticoltura verso nord nel corso del I secolo. Nel poema Morelkz scritto, intorno al 370-71, da Ausonio paragona i vini della Mosella a quelli della Campania, della Tracia e della sua Garonna e descrive le colline intorno al fiume come esuberanti di viti. Altrove, in un altro poema, De Herediolo, scritto intorno al 379, Ausonio traccia un breve quadro della sua proprietà vicino a Bordeaux, che comprendeva 100 jugeri di viti e, nella descrizione della città di Bordeaux, che fa parte dell'opera Ordo urbium nobilium, ne cita ancora una volta la fama di zona di produzione vinicola. Nel 1307 Edoardo II aveva ordinato per i suoi festeggiamenti ben 1000 tonneaux di claret, il vino di moda una sorta di rosato (chiaretto), che corrispondevano all’incirca a 1.152.000 bottiglie. Alla fine del XII e del XIII secolo, le viti si moltiplicarono, diffondendosi su una parte sempre più ampia della campagna. Per piantarle venivano sradicate foreste. Per la prima volta furono introdotti i pali nella coltivazione e nella preparazione dei vigneti. I vigneti arrivavano alle mura di Bordeaux ed entravano perfino dentro la città. Ognuno, qualunque fosse la sua condizione sociale, possedeva qualche vite (le grandi abbazie di St. Seurin e di St. Croix non coltivavano praticamente nient'altro) e per tutti, dall'arcivescovo in giù, vendere il vino agli inglesi divenne l'attività dominante. A partire dalla metà del XIII secolo la regione attorno a Bordeaux fu divisa in due distretti: l'arcidiocesi di Bordeaux che costituiva il vero e proprio Bordelais, e 1'Haut Pays, a est della linea che collega St. Macaire sulla Garonna a Castillon sulla Dordogna. Si tratta di una distinzione importante per il commercio del vino perché è alla base dei privilegi conferiti dalla corona inglese ai mercanti di Bordeaux. La tassa più pesante sull'esportazione di vino era la cosiddetta Grande Coutume, ovvero la grande tassa, di Bordeaux, che doveva essere pagata per tutti i vini prodotti nel Bordelais da tutti gli esportatori, tranne che dagli abitanti e dai mercanti di Bordeaux. Comunque anche la gran parte delle città e dei distretti dello Haut Pays godeva di qualche privilegio e poteva esportare il vino con una tassazione più bassa. Grazie a documenti doganali è possibile distinguere i vini di Bordeaux esportati dai cittadini da quelli esportati dai non cittadini e i vini privilegiati dello Haut Pays e del Bordelais da quelli delle stesse zone che non godevano di alcun privilegio. I mercanti di Bordeaux godevano di una posizione di particolare privilegio perché, come spiega Renouard : i vini dello Haut Pays non potevano essere portati a Bordeaux prima di una data che andava dall'11 novembre al 25 dicembre; questo significava che quei vini non potevano competere con quelli prodotti sulle terre di proprietà dei mercanti di Bordeaux, e che per lo più non venivano messi in vendita prima che fossero finite le riserve di questi ultimi. Fin dall'inizio del XIV secolo, quando le esportazioni dei vini della Guascogna raggiunsero il loro massimo storico, i privilegi riconosciuti agli abitanti di Bordeaux li avevano indotti a piantare i vigneti in tutta l'arcidiocesi, alle spese delle colture di grano, e ciò aveva causato la necessità di importare il grano e di conseguenza anche un fiorente scambio fra la Guascogna e 1'Europa del nord. I vigneti dell'arcivescovo di Bordeaux a Lormont e Pessac erano probabilmente fra i meglio coltivati della regione e producevano i vini migliori per la tavola dell'arcivescovo stesso. Comunque i vini più rinomati erano spesso quelli dei vigneti di proprietà di ordini monastici dello Haut Pays, e in particolare di zone come Gaillac, Moisac, Bergerac e Cahors. Il mercato principale era quello inglese, ma il vino veniva esportato anche nella Francia del nord e nelle Fiandre, da dove una parte veniva riesportata nel Baltico o anche al di là della Manica, in Inghilterra. Le vicende di quel commercio in parte riflettevano la variabilità annuale della vendemmia, ma con lo scoppio della Guerra dei Cent'anni fra 1'Inghilterra e la Francia, 1’influenza degli avvenimenti politici sulla produzione e sui prezzi del vino in Inghilterra divenne finalmente palese. I primi dieci anni del XIV secolo furono anni di prosperità per i mercanti di Bordeaux. Malgrado i problemi di interpretazione dei dati doganali, è chiaro che le esportazioni si aggiravano fra le 90 000 e le 100 000 botti all'anno e il prezzo all'ingrosso del vino in Inghilterra era di 3 sterline a botte. I prezzi al dettaglio oscillavano fra i 3 e i 4 penny al gallone a seconda della stagione e della disponibilità del vino sul mercato. Nel secondo decennio del XIV secolo, sia la guerra che una serie di pessime vendemmie, portò a dimezzare le esportazioni nel 1310 e nel 1311 e, anche se con la vendemmia del 1312 le cose andarono meglio, la Guascogna sofferse, oltre che per le cattive condizioni climatiche, per la carestia e le epidemie che colpirono tutta 1'Europa nord-occidentale fra il 1315 e il 1317. Ciò ebbe una ripercussione sui prezzi pagati per il vino in Inghilterra dal maggiordomo del re, prezzi che arrivarono alle 5 sterline, 6 scellini e 8 penny dell'aprile 1311, prima di scendere nuovamente a 3 sterline nel 1312. I prezzi al dettaglio erano in un certo senso meno soggetti a brusche variazioni anche se il prezzo dei vini di qualità migliore, che era stato stabilito dal tribunale di Londra a 5 penny il gallone per il 1311, nel 1316 era passato a 6 penny il gallone. Si trattava comunque di fluttuazioni determinate soprattutto dalle annate e dal tempo e dunque, di vita breve. Comunque nel 1320 i prezzi al dettaglio a Londra erano di nuovo scesi a 3 penny al gallone per i vini migliori e a 2 penny per quelli più andanti. Lo scoppio della guerra franco-inglese nel 1324, quando in gran parte dello Haut-Pays serpeggiava la rivolta contro la corona inglese, portò a un'ulteriore caduta delle esportazioni verso 1'Inghilterra. Fino alla conclusione della Guerra dei Cent'anni a metà del XV secolo vi fu maggiore stabilità nel volume delle esportazioni di vino dalla Guascogna all'Inghilterra. Le esportazioni infatti continuarono al ritmo di 10 000 botti circa all'anno e al costo al dettaglio di 6 penny al gallone e le scarse fluttuazioni che si registrarono nei prezzi furono per lo più di breve durata e collegate al maltempo e al cattivo raccolto. Alla fine, nel 1451, Bordeaux si arrese ai francesi e agli inglesi e ai Guasconi che non volevano passare dalla parte dei vincitori furono dati sei mesi di tempo per lasciare il paese con le loro cose e le loro navi, il che permise loro di esportare il grosso della vendemmia del 1451. L'anno seguente ci fu un ritorno temporaneo sotto gli inglesi, ma nel 1453 la battaglia presso Castillon, vicino a St. Emilion, segnò la vittoria definitiva dei francesi e dopo quel momento il commercio proseguì in condizioni molto più difficili. Nel 1455 Carlo VII impose una tassa di 25 scellini (tournois) su ogni botte di vino esportata da Bordeaux, ma decise di non proibire del tutto il commercio di vino con l’Inghilterra.
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