LA STORIA DELLO CHAMPAGNE
La Champagne è una delle zone viticole di Francia più note e caratteristiche. Si sviluppa su una superficie di 26.000 ettari circa dove vengono prodotti oltre 1.900.000 ettolitri annui. La champagne si divide in cinque zone fondamentali le prime tre più rinomate le altre due, più a sud, poco conosciute: - La montagne de Reims - La vallée de la Marne - LA côte de Blancs - La côte de Sézanne - Le regioni di Bar-sur-Aube e Bar-sur-Seine, nel dipartimento dell’Aube Cenni storici L ’isola montagnosa, come fu definita la Montagne de Reims, sembra essere stata dedicata alla coltura della vite verso la fine del VI secolo. La Chiesa vi ebbe una parte importante, così come in Borgogna. I monaci dell’abbazia di St-Basles, presso Verzy, furono abili vinificatori e il vino della Champagne fu servito durante le feste che concludevano le processioni religiose dei giorni festivi. San Remigio, vescovo di Reims per 74 anni sino alla sua morte nel 530, fu autore di vari miracoli che ebbero il vino come protagonista. Molte grandi abbazie, tra le quali quelle di Epernay, Hautvillers e Avernay, nacquero nel VII secolo e, di conseguenza, piantarono i loro vigneti nelle proprietà ecclesiali. La coltivazione nella vite ebbe così grande sviluppo che nel IX secolo si introdusse una distinzione tra i vini della Marna e quelli della Montagne de Reims. In quel secolo inoltre, nell’anno 816, si ebbe la prima delle incoronazioni di Reims, evento che contribuì non poco alla diffusione della fama dei vini della Champagne in Francia. Il figlio di Carlo Magno, Luigi, fu incoronato con la dovuta pompa e nei festeggiamenti che seguirono tutta l’aristocrazia fece ottima conoscenza con il vino locale. La tradizione di incoronare a Reims i re francesi era già ben consolidata quando ebbe luogo quella di Filippo VI, nel 1328, occasione delle diede modo alla corte e agli abitanti di bere qualcosa come: 300 botti di vino dei Coteaux Champenois. Nella Champagne vennero anche sovrani stranieri. Nel 1397 vi giunse Venceslao, re di Boemia e imperatore del Sacro Romano Impero, per fare la pace: con Carlo VI e porre fine allo scisma che dilaniava la Chiesa. Sembra però che non fosse la Chiesa la sua principale preoccupazione, ma il verificare se i vini della Champagne fossero davvero all’altezza della loro reputazione. Ovviamente non fu deluso, perché ne bevve una quantità prodigiosa e firmò ogni documento che gli venne presentato pur di non essere distolto dalla sua degustazione. Enrico V d’Inghilterra fu di tutt’altra opinione. Giudicò il vino troppo forte, spumeggiante e dannoso alla salute e cosi, dopo la battaglia di Abincourt, ne vietò, il consumo alle truppe, salvo fosse diluito con acqua, c’è da chiedersi se gli arcieri non meritassero un trattamento migliore. Enrico IV è certamente il re più amato dai vignaioli francesi: pressoché tutti asseriscono di suoi legami speciali con le loro vigne, ma André Simon informa che il suo vino preferito era lo champagne e che, per quanto non incoronato a Reims fu il primo sovrano a introdurlo a corte. Durante 1’assedio di Epernay stabilì il suo quartier generale a Damery e secondo alcune fonti si celò sotto il nome di Signore di Ay. Bruslart de Sillery, suo cancelliere, ambasciatore particolare e intimo amico, dovette probabilmente avere una qualche influenza nel decidere cosa si dovesse bere alla tavola reale. Nella storia della Champagne il vino di Ay sembra essere quello menzionato più spesso degli altri. Il papa Medici nel XVI secolo, Leone X, sembra essere stato proprietario di un vigneto ad Ay e anche tre grandi sovrani del tempo, Carlo V di Spagna, Francesco I di Francia e Enrico VIII d’Inghilterra, vi mantenevano agenti con lo specifico impegno di provvederli di quel vino. Tuttavia tale fama non gli fu compagna sin dalla nascita. Prima del 1200, Henri d’Andelys, nella sua Bataille des Vins, loda, tra i migliori vini d’Europa, solamente quelli di Epernay, di Reims e di Hautvillers. Nel XIV secolo la Champagne coltivava or mai la vite su grande scala e prima del XVII secolo si ebbero mutamenti nella tipologia dei vini prodotti. Rispetto ai vini rossi tranquilli tradizionali cominciarono a prevalere: i vini bianchi, i rosati e quelli "color miele". La cosa più importante, però, fu che proprio in quel periodo cominciò a fare la sua comparsa il vino bianco spumante, vin blanc mousseux. Per larga parte del XVII secolo, ma anche nel XVIII, ci fu una serrata e cruda concorrenza tra la Champagne e la Borgogna nella vendita dei loro vini rossi leggeri. I vignaioli della Champagne furono particolarmente attivi sui mercati d’esportazione, come del resto anche oggi. Da entrambe le parti si fecero scrivere poemi, odi e saggi a favore dei propri vini, finché del caso non si occupò la Facoltà di Medicina di Parigi. Ci fu un secolo di risse e finalmente la Facoltà giunse a un compromesso: l’uomo doveva poter disporre di entrambi i vini, esattamente: come ha due gambe. Un giudizio degno di Salomone. In quel periodo si ebbero anche frodi nelle denominazioni, come nel caso del presunto "borgogna" prodotto nella valle della Marna. In tale spirito, sembra che il Re Sole, Luigi XIV, incoronato a Reims nel 1651, abbia inviato a Carlo II d’Inghilterra sia vino della Champagne sia della Borgogna. Egli, però, privilegiò sempre lo champagne, sebbene verso la fine della vita il suo medico, Fagon, l’avesse costretto a un borgogna, sembra il Nuits-St. Georges, fortemente annacquato. Per contro, Du Chesne, che divenne medico del delfino quando Fagon fu promosso a medico reale, sostenne un regime ben diverso: visse fino a 91 anni e attribuì la sua longevità al fatto che la sera mangiava solo insalata e beveva solo champagne. Una fortuna per il consumo dello champagne in Inghilterra si ebbe quando il marchese di St-Evremond, un giovane aristocratico francese, cadde in disgrazia alla corte di Luigi XIV e, nel 1661, si rifugiò oltre Manica. Tutte le cronache concordano nel dire che fu calorosamente accolto grazie alle sue grandi qualità sociali che lo resero caro sia a Carlo II sia a Guglielmo III: il quale era, tra l’altro, un grande estimatore del vino rosso tranquillo della Champagne. In Francia, St-Evremond era stato uno dei fondatori dell’Ordine dei Coteaux, nato per promuovere i vini della Champagne, e lo champagne fu presto di moda ai petits soupers delle ospiti e delle amanti di Carlo II. Fu allora che comparve sulla scena un giovane monaco benedettino, Dom Pérignon, nominato cantiniere dell’abbazia di Hautvillers nel 1668, dove rimase in carica sino alla morte, nel 1715, all’età di 77 anni: fu il primo a sfruttare appieno la naturale effervescenza del vino locale e portò alla gloria lo "champagne spumante", sebbene non ne fosse l’inventore. Prima di Dom Pérignon i vini bianchi venivano probabilmente ottenuti più per caso che per precisa volontà, ma egli perfezionò l’arte di produrre vini bianchi brillanti da uve nere mediante un intelligente impiego dei torchi. Vide inoltre i grandi vantaggi derivanti dal taglio dei vini provenienti da villaggi e cru diversi, bilanciando un elemento con l’altro, al fine di ottenere un insieme migliore. Tuttavia, l’idea di vendere separatamente i singoli cru sopravvisse molti anni per snobismo di alcuni negozianti-proprietari. Dom Perignon, poi, stimolò la tendenza dei vini bianchi della Champagne a elaborare larga parte del loro zucchero naturale, così che nella primavera seguente la vendemmia ci fosse un ritorno dell’attività di rifermentazione: considerò questo il momento giusto per procedere all’imbottigliamento. II fine di catturare le deliziose bollicine. Serviva anche un sigillo idoneo a trattenere la spuma e così Dom Pérignon sostituì il sughero al tappo di legno e stoffa intrisa d’olio allora in uso. In questo modo lo spumante dello champagne venne felicemente imprigionato. Lo Champagne deve le sue qualità e la sua rinomanza a un insieme di condizioni ineguagliabili: zone di produzione, natura del suolo, vitigni di qualità, metodi di coltivazione e di produzione meticolosamente conformi a una tradizione plurisecolare. La zona viticola, determinata essenzialmente dalla natura del suolo e del sottosuolo, è ufficialmente delimitata dalla legge del 22 luglio 1927, occupa circa 30.000 ettari, 18.000 del quali sono attualmente coltivati a viti. Comprende quattro aree principali di produzione: La Montagne de Reims, la Vallée de la Marne, la Cote de Blancs, e le zone di Bar-sur-Aube e Bar-sur-Seine nel dipartimento de l’Aube. Al di fuori dei confini di queste aree non si può produrre Champagne. lo champagne e il suo metodo di vinificazione Si legge, in numerosi testi, che l’inventore dello champagne sia stato un certo monaco benedettino, Dom Pierre Perignon, tesoriere dell’abbazia di Hautvillers, ma non è andata proprio così. Il vino della zona delle colline intorno ad Ay era già noto ed apprezzato nel quattordicesimo secolo e soprattutto il “sillery”, che si produceva nella zona più vicina a Reims. Le numerose guerre che devastarono i nobili vigneti di questa zona, finirono con una tregua verso il 1660. L’anno seguente l’abate diede l’ordine di ricostruire l’Abbazia di Hautvillers e al monaco Dom Perignon diede la carica di tesoriere. Nei dieci ettari di proprietà dell’abbazia non si produceva spumante e le uve erano rosse, tra cui il pinot noir. Questa regione si era messa in diretta concorrenza con la rinomata Borgogna e cercava di rifornire il mercato nordico con vini che riuscissero ad emulare le caratteristiche borgognone. L’esperienza, però, aveva fatto capire che solo il vino bianco della champagne era in grado di concorrere con i vini di Borgogna. Così dopo numerosi studi e verifiche il monaco Dom Perignon stabili delle regole auree che permisero di esprimere vini di grande livello. Per prima cosa ordinò di usare solo pinot nero perchè i vitigni a uva bianca facilitano la rifermentazione. Per secondo fece potare tutte le vigne a fondo in modo che non superassero mai il metro. Terzo la vendemmia avveniva con ogni precauzione in modo che gli acini rimanessero intatti e venissero scartati quelli rotti e quelli marci. Quarto, non voleva assolutamente che l’uva fosse pigiata con i piedi per nessuna ragione e non permetteva nessuna macerazione delle vinacce nel mosto. Inoltre da abile degustatore (d’uva) che era mischiava le uve di diversi vigneti prima di mandarle al torchio. Scoprì anche che suoli diversi imprimevano caratteristiche diverse all’uva e al vino prodotto. Però questo vino presentava un grosso problema. Era instabile, la fermentazione cessava all’arrivo dei primi freddi per riprendere a primavera. Non vi era nessun danno sino a che il vino rimaneva nelle botti, ma siccome il nostro laborioso frate non amava molto questi contenitori, per cui il vino veniva imbottigliato presto. Prima di ciò il vino doveva essere travasato ripetutamente per perdere la carica fermentativa dei lieviti. Ma non sempre questa tecnica riusciva ad evitare la rifermentazione. Coloro che riuscirono ad assaggiare il vino con le bollicine furono presi da grande entusiasmo e subito la notorietà crebbe soprattutto a Londra, dove veniva particolarmente apprezzato dall’aristocrazia inglese. Ma due erano i problemi che affliggevano questo prodotto: il primo era l’incapacità delle bottiglie di quel tempo a resistere alla pressione generata all’interno dalla anidride carbonica e il secondo riguardava il fondo che si creava nella bottiglia dopo la rifermentazione. Nel 1735 viene regolamentata la forma, le dimensioni e il peso delle bottiglie da champagne, le dimensioni dei tappi e il modo di assicurarli alla bottiglia. Ma per la noiosa sedimentazione post&8209;fermentativa bisogna attendere un secolo più tardi quando fu introdotto il metodo champenoise. I consigli del monaco Dom Perignon sono ancor oggi usati. PARTICOLARITA’ DELLO CHAMPAGNE · Una situazione geografica viticole · Un terreno particolare · Un clima particolare · Uno regolamentazione dettagliata che stabilisce tutte le fasi della produzione Una situazione geografica particolare I1 vigneto dello Champagne si trovo all’estremità nord dello coltura della vite. Questa situazione conferisce all’uva: 1. il tenore in esteri più elevato del mondo e, in conseguenza, un complesso di profumi particolarmente fini e specifici; 2. un livello in tannini molto contenuto. Questi due elementi spiegano in gran parte la finezza e l’eleganza dei vini di questa regione. Un terreno particolare Lo costituzione geologica dei terreno dello regione Champagne e dovuto: 1. in origine, alla presenza del mare in questo regione; 2. dal ritirarsi dell’acqua marina circo 70 milioni d’anni fa, che ha lasciato un sedimento gessoso (craie) dello spessore di 200 metri ; 3. da un terremoto, attorno o 20 milioni d’anni fa, che ha rotto la crosta di gesso, sollevando il terreno e impregnandolo di elementi marini e di minerali; 4. da un terremoto di più forte intensità, circa 10 milioni di anni fa, che ha portato alla formazione di un terreno collinare ricco di valli. La presenza di gesso con fossili marini (belemnite quadrata) e l’elemento essenziale delle caratteristiche particolari dello Champagne. In effetti le sottili radici del ceppo di vite, conficcandosi in questo tipo di gesso, conferiscono la finezza e la leggerezza al vino della Champagne. Questo gesso ha il potere di immagazzinare e di restituire il calore del sole; assicura il drenaggio perfetto delle acque in eccesso, permette di raccogliere l’eccesso d’umidità nel periodo piovoso, attenuando così gli effetti della siccità nel periodo estivo, affinché rende questa umidità alle radici della vigna lentamente, ma costantemente, proprio come ne ha bisogno. Infine è in questo gesso o belemnite che la vigna della Champagne trova gli elementi minerali che sono alla base della ricchezza di esteri già menzionata. È quindi al tipo di suolo che i vini dello Champagne devono in gran parte la loro finezza e la loro leggerezza.
Un clima particolare È un clima di transizione, ove si fondono e si succedono, molto frequentemente, il mite clima atlantico e il rigido clima continentale. Una moltitudine di microclimi, derivanti essenzialmente dalla conformazione avvallata del terreno e dalla presenza di fitte foreste sulla cima dei rilievi collinari. In più la presenza di foreste e di boschi sugli altopiani circostanti, trattiene una certa umidità e tende a stabilizzare le temperature: è un ruolo moderatore essenziale, perché la vite deve il suo sviluppo armonioso all’umidità costante. Questo clima, elemento essenziale delle caratteristiche delle vigne in Champagne, costituisce malgrado tutto una minaccia alla quantità del raccolto, perché questa regione non è al riparo: 1. dalle gelate di primavera, che sino a fine maggio possono danneggiare le promesse di raccolto; 2. dagli sbalzi di temperatura che possono ugualmente ridurre le rese a causa di fioriture stentate; 3. da temporali e da grandinate, a volte violente e improvvise, capaci di danneggiare gran parte del vigneto. In particolari momenti dell’anno si possono vedere numerose stufe accese tra i vigneti che disperatamente cercano di salvare dalle insidie del freddo le gemme o i germogli della vite che sono sensibili alle basse temperature che il variabile clima può provocare. Una regolamentazione dettagliata che stabilisce tutte le fasi della produzione. Tra i numerosi regolamenti che disciplinano lo produzione, segnaliamo qui di seguito qualche esempio che regola le fasi principali di elaborazione dello Champagne I vitigni sono selezionati e non si può produrre Champagne se non con i tre vitigni nobili: Pinot nero (che ha forza e vigore); Pinot meunier (tenuta e longevità); Chardonnay blanc (leggerezza, eleganza e freschezza). La vite è coltivata con una cura minuziosa. Comincia a dare i primi frutti dopo quattro anni di coltivazione e dura circa 30 anni. Oggi i metodi di produzione sono minuziosamente codificati e osservati con il massimo rigore: durante la vendemmia le "mondatrici" ispezionano ogni grappolo per eliminare con le forbici i chicchi acerbi, sciupati o schiacciati. Inoltre non tutto il raccolto è ammesso a produrre Champagne; a seconda delle vendemmie, la legge istituisce ogni anno una resa massima per ettaro oltre la quale le uve eventualmente vendemmiate vengono scartate dall’elaborazione dello Champagne, perché la ricerca della qualità è contraria alla quantità. I fragili grappoli appena raccolti vengono trasportati con precauzione e messi in torchi larghi e bassi, per essere vinificati in bianco affinché il succo degli acini non prenda colore a contatto con le bucce colorate. Ogni torchio contiene esattamente 4.000 chili di uva da cui si ricavano 2.600 litri di succo o "mosto" una prima torchiatura darà 2.000 litri chiamati cuvée e destinati ai vini di alta qualità, mentre i 600 litri ottenuti con una successiva fermentazione prendono il nome di tailles. La prima fermentazione chiamata pure bollitura si fa, sia nelle tradizionali botti di quercia, sia in tini di cemento vetrificato, d’acciaio smaltato o d’acciaio inossidabile. Avviene già a partire dall’indomani della vendemmia, a temperatura costante di 20 o 22°C e dura alcune settimane. Si ottiene in ogni caso un vino tranquillo che, durante l’inverno è travasato in diverse riprese e diventa cosi, perfettamente limpido. Ogni cru è degustato separatamente dagli chef de maison, che hanno il compito di stabilirne le qualità specifiche. Molto spesso queste botti sono conservate in magazzini esterni e la temperatura molto bassa dell’inverno favorisce la chiarificazione. In primavera, con una sapiente mescolanza di 10, 20, a volte perfino 30 crus diversi, si ottiene un tipo di vino perfettamente equilibrato e costante di anno in anno. Si tratta dell’elaborazione della cuvée, operazione importante il cui segreto è conservato con cura da ogni casa. Si aggiunge alla cuvée una piccola quantità di zucchero di canna e di lieviti e si imbottiglia il vino; cioè si procede al tirage. Le bottiglie sono quindi riposte, coricate, in cantine fresche e profonde. Per ragioni misteriose, proprio quando la linfa si risveglia nella vite, il vino comincia la sua seconda fermentazione come se tra di loro esistesse ancora un legame segreto. I lieviti agiscono lentamente sullo zucchero provocando la “prise de mousse”, durante la fermentazione lo zucchero si trasforma in alcool e anidride carbonica che resta chiusa nella bottiglia e legata intimamente al vino. Le famose antichissime cantine della Champagne conservano le bottiglie al riparo da scosse, luce e correnti d’aria, a una temperatura costante di 10°C per minimo 4-5 anni e anche di più; questo invecchiamento prolungato conferisce allo Champagne la pienezza delle sue qualità. La seconda fermentazione comporta la formazione di un deposito che aderisce alle pareti interne delle bottiglie: occorre eliminarle per evitare che si mescoli al vino e lo disturbi; si procede pertanto al “remuage”. Si mettono allora le bottiglie, con il collo leggermente inclinato verso il basso, sulle pupitres (specie di cavalletti formati da due tavole di legno unite a forma di V rovesciata, con numerosi fori circolari per infilarvi le bottiglie capovolte). Ogni giorno, per parecchi mesi, uno specialista scuote vigorosamente la bottiglia, la fa ruotare di un ottavo di giro e la raddrizza progressivamente finché essa è pressoché verticale, ma capovolta, con il tappo verso il basso. In tal modo il deposito scivola lentamente nel collo della bottiglia e si riunisce sul tappo. Un buon tecnico muove fino a 30.000 bottiglie al giorno. Le bottiglie sono allora riunite tutte insieme, “sur pointe” in attesa della operazione che segue: vale a dire il “dégorgement” (espulsione del deposito). A questo scopo, il collo della bottiglia è immerso in una soluzione salina refrigerante che lo raffredda fortemente: si forma così all’interno un cilindretto di ghiaccio che tiene imprigionato il deposito. Si apre la bottiglia e il tappo viene espulso molto rapidamente, insieme con il ghiacciolo e porta via con sé la totalità del deposito con un poco di schiuma. Si riempie allora il vuoto lasciato dalla bottiglia con vino della stessa cuvée, al quale si aggiunge la “liqueur d’expédition” (miscela di zucchero di canna e di vino vecchio di Champagne), in quantità maggiore o minore a seconda del tipo di Champagne voluto (brut, sec, demisec, ecc.); questa fase prende il nome di “dosage”. Infine si mette il tappo definitivo, trattenuto da una solida gabbietta di ferro, e il vino è pronto. Allora, ma solo allora, potrà, anzi dovrà portare sull’etichetta e sul tappo il suo nome glorioso: "Champagne". Coltura All’interno della zona delimitata dalla legge del 22 luglio 1927 (35.000 ha. di denominazione di cui nel 1984 sono piantati solo 27.000 ha.), i nuovi impianti e i reimpianti sono cosi regolamentati: il diritto di nuovi impianti è accordato con autorizzazioni ministeriali molto limitate; il diritto di reimpianti e possibile solo dopo aver precedentemente sradicato, all’interno della stessa azienda, un vigneto di superficie uguale. All’interno dello stesso comune, avente diritto alla denominazione "Champagne", gli impianti non possono effettuarsi che nelle particelle espressamente delimitate e non su tutto il territorio del comune, come avviene nella maggior parte delle altre regioni vinicole. Gli unici vitigni utilizzabili in Champagne sono: lo Chardonnay (uva bianca) il Pinot nero e il Pinot Meunier (uve nere) Le norme che regolano l’impianto delle viti sono formulate per favorire uno migliore maturazione delle uve e quindi un miglioramento della qualità: · una distanza inferiore o uguale o 150 cm. tra i filari di vigna; · una distanza da 90 o 150 cm. fra i ceppi di vite dello stesso filare; la somma delle due distanze (tra filare e filare e tra ceppo e ceppo) deve essere inferiore a 250 cm. Queste disposizioni hanno lo scopo di limitare la vigoria e la produzione di ogni ceppo di vite, in modo che il raccolto totale sia ripartito su un maggior numero di ceppi. E’ regolata l’altezza massima, in rapporto al terreno, delle gemme poste all’estremità dei tralci, in funzione del sistema di potatura adottato: 1. potatura corta a Chablis o a Cordone (sistema Royat) 2. potatura Guyot e potatura Valle della Marna Queste disposizioni hanno lo scopo di mantenere i grappoli abbastanza vicini al terreno, per favorire la loro maturazione grazie agli effetti benefici del gesso a belemnite (restituzione del calore e dell’umidità immagazzinate). La regolamentazione della potatura stabilisce che deve essere corta e in relazione al terreno e al vitigno: a)Terreno - La potatura Guyot e la potatura Valle della Marna sono vietate per i grandi crus (100%) e i premiers crus (99%-90%); solo le potature a Chablis e Cordone Royat sono ammesse per questi crus, perché producono uve di qualità più elevata. b) Vitigno - I1 sistema di potatura per lo Chardonnay e il Pinot Nero, deve essere obbligatoriamente effettuato a Chablis, Cordone Royat o Guyot. La potatura Valle della Marna e autorizzata solo per il Pinot Meunier. Vendemmia I1 diritto alla denominazione "Champagne" non può essere applicato che ai vini ottenuti al limite della resa massima per ettaro, fissata ogni anno da decreto ministeriale. Pigiatura La resa deve essere limitata a 100 Litri per 150 kg. di uva, tant’è che la pressatura di 4000 kg. di uva non può dare più di 2665 lt. di mosto, aventi diritto alla denominazione "Champagne": 2050 lt. di cuvée, ossia 10 fusti da 205 litri; 410 lt. di primo taglia, ossia 2 fusti; 205 lt. di secondo taglio, ossia 1 fusto. II grado minimo dei mosti e fissato ogni anno. Spumantizzazione I1 sistema di elaborazione del vino spumante, che e stato inventato e perfezionato in Champagne, può essere utilizzato anche in altre regioni vinicole del mondo. In Champagne, però, e obbligatorio osservare numerose regole specifiche, a cui i produttori di Champagne devono sottostare e che danno come risultato la produzione di vini di altissima qualità. Tra queste regolamentazioni, citeremo in particolare: Seconda fermentazione La seconda fermentazione in bottiglia e obbligatoria. I metodi del "travaso" e della fermentazione in "grandi recipienti" sono severamente vietati. Impiego di zucchero L’uso dello zucchero, sia per l’arricchimento dei mosto, sia per la messa in bottiglia, che per il dosaggio, e scrupolosamente regolamentato e controllato da funzionari pubblici. Grado alcolico Deve essere al minimo del 10% per i non millesimati, e dell’11% per i millesimati, ma in realtà il tenore in alcool non e mai inferiore al 12%. Acidificazione severamente regolamentata L’acidificazione è autorizzata nel limite di gr.1,5 per litro, espresso in acido tartarico; l’aggiunta di acido citrico deve essere inferiore o uguale o gr.0,50 per litro e tenendo conto che il livello finale di questo acido non superi mai gr. l per litro; il tenore di anidride solforosa non deve superare i 200 mg. per litro, ma in realtà questo limite nello Champagne non è mai raggiunto; la disacidificazione, quando si rende assolutamente indispensabile, non può essere effettuata che con 3 prodotti ben determinati e regolamentati. Durata del processo di spumantizazione Deve essere minimo di un anno dopo il tirage (messa in bottiglia per la presa di spuma) per i non millesimati, mentre per i millesimati lo durata è protratta a 3 anni.
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